da La Voce di Ferrara: Don Giuseppe Canovai: “In Cruce Oro et Pugno”

Pubblichiamo il contenuto di articolo dedicato alla figura del Servo di Dio Mons. Giuseppe Canovai, pubblicato da La Voce di Ferrara del 14 novembre 2014 dal titolo Don Giuseppe Canovai: “In Cruce oro et Pugno”


GiuseppeCanovaiIn Cruce oro et pugno! E’ il motto del nostro Servo di Dio.

L’anima di Don Giuseppe Canovai è una scintilla che guizza e corre nell’oggi di Dio, che illumina e contagia quanti hanno avuto la grazia di incontrarlo nei suoi scritti e nella testimonianza luminosa di quanti lo ebbero per padre e maestro, ispiratore e nocchiero verso lidi più puri, verso scelte più forti, verso una vita più santa. Dare a Cristo

Mons. Giuseppe Canovai era nato a Roma il 27 dicembre 1904 e aveva conseguito la maturità classica nel Liceo Visconti. Intraprese gli studi di Filosofia e Teologia alla Pontificia Università Gregoriana contemporaneamente a quelli di Giurisprudenza alla Università della Sapienza [1].

Avrebbe desiderato abbracciare in l’ideale della Compagnia di Gesù ma la vita non glielo permise: alla morte del padre dovette sovvenire alle necessità della famigliola, essendo la mamma ammalata ed egli figlio unico. E, quando si trattò di scegliere di concretizzare quella vocazione avvertita e verificata, il suo Padre spirituale, il P. Enrico Rosa (gesuita) lo indirizzò verso il Sacerdozio diocesano.  Don Giuseppe manterrà l’impronta religiosa (in particolare quella gesuitica) per tutta la vita: attingerà dalla spiritualità ignaziana in ogni momento. Fu alunno dell’Almo Collegio Capranica, godendo la stima dei Superiori, e sempre alla Gregoriana conseguì la laurea dottorale in Diritto canonico. Divenuto Sacerdote gli venne assegnata la cura degli universitari (Assistente diocesano della FUCI). Avrebbe voluto continuare la vita di apostolato a servizio dei giovani e nella direzione spirituale, ma venne chiamato, per meriti (non avendo frequentato l’Accademia ecclesiastica), alla carriera diplomatica. E arrivò alla Congregazione per i Seminari prima e in Segreteria di Stato poi. Possiamo compendiare in un trittico la sua sintesi del Sacerdozio cattolico: Sacerdozio, Messa e Breviario. Con queste parole ne appare chiara l’essenza e l’altissima vocazione: l’integrale conformazione a Cristo [2].

la-voce-ferraraFu l’ispiratore di un movimento laicale, l’Opera Regina Crucis, fondata a Tivoli nel 1936 dalla Signorina Tommasina Alfieri, sua figlia spirituale (movimento che nel corso del tempo ha mutato il suo nome in Opera Familia Christi). Avrebbe desiderato seguire lo sviluppo di questa famiglia di anime, congregata dall’amore di Cristo, ma venne chiamato ad un ulteriore incarico di responsabilità: Uditore di Nunziatura a Buenos Aires[3]. All’attività diplomatica univa una fervente vita apostolica (conferenze, ritiri, esercizi spirituali, direzione spirituale di giovani, seminaristi e preti… fu un autentico missionario, tanto da essere venerato e acclamato santo da quel popolo lontano che lo adottò come suo apostolo). Amante di Cristo e servitore instancabile della Chiesa, si offrì vittima per impedire l’approvazione di leggi ingiuste. Estenuato e provato da una irreversibile peritonite concluse in poco tempo la sua già breve giornata terrena. Si addormentò nel Signore, fra spasimi incredibili, l’11 novembre 1942, dopo appena undici anni di Sacerdozio. Fu allora che si scoprirono sul suo corpo i segni di una acerbissima vita di penitenza, segno impresso nella carne per l’amore infiammante e consumante per l’Amato divino.

Il motto programmatico di Don Giuseppe, verso la fine della vita, si sviluppa ulteriormente in alto, sempre più attratto dalla fiamma di Dio che riscalda e consuma: Uror et incendo. Alla sera della sua vita, alba di eternità, quest’anima eletta non è più un lumicino, un barlume sconosciuto o anonimo ai più: vive, incendiata, di paradiso, di sublimi altezze, di vette raggiunte e di mani tese a chi ancora tentenna, lotta e soffre sballottato fra i marosi dell’esistenza quotidiana, segnata da peccato e redenzione. A tutti adesso propone quella luce, a tutti una parola: “Vivi e muori infiammata dell’amore di Dio!”. È una scintilla formidabile, che tutto ciò che tocca infiamma, trasfigura e traghetta oltre il limite, incendia, incandescente ogni tratto della persona e la fa lampada che si consuma davanti a Dio sacramentato … La lampada si consuma: tale è stata l’esperienza di Don Canovai, consumato interamente da una malattia irreversibile, della quale mai aveva parlato ad alcuno, scoperta ormai troppo tardi (sul letto di morte), eletta come ulteriore gradino da ascendere, ulteriore strumento per consumarsi totalmente in Dio, vittima di espiazione e d’amore, ad imitazione del Cristo crocifisso[4]. La scintilla adesso è brace ardente, che tutto accende: brucia di desiderio, si consuma nell’attesa dell’unione intima e definitiva con l’amato Signore, unico amore di quella radiosa e catalizzante esistenza. Arde fulmineo, anela incessantemente a Lui, freme, non sopporta l’attesa, s’illumina, riscalda, si consuma, brucia …. è ormai incandescente: Uror et incendo! È pronto a incontrare lo Sposo. Un unico rimpianto, tenero e cordiale: in Paradiso non potrà più celebrare la sua Messa: “In Cielo non vi sarà rimpianto di terra… eppure quando… sarò nel fulgore della tua gloria… non ti potrò palpare con le mie mani, non ti potrò sollevare in alto tra cielo e terra, non ti potrò ridonare alle anime, non ti potrò nascondere, carne viva e vivificante di Dio, nel mio cuore e avrò… nostalgia dell’Altare… So che è assurdo, perché Tu sarai tutto in tutti… che mi perderò faccia a faccia in Te… ma il mio Paradiso è il tuo altare, mensa dei tuoi amici, contemplazione della tua Presenza, donazione della tua vita, effusione del tuo spirito, glorificazione del tuo Padre, convegno dei tuoi angeli, gaudio dei tuoi figli, gioia dei tuoi giusti, pace dei tuoi servi. Quando invoco l’Angelo misterioso del Sacrificio, mi sembra che la mia offerta penetri nel mistero del Padre; quando incrocio l’Ostia sul Calice, mi sembra che il mio gesto sacerdotale sia fuso alla vita della Trinità tutta santa e questa risplenda nel candore dell’Ostia; quando lascio cadere nel Calice il frammento dell’Ostia, mi sembra che l’Onnipotenza di Dio risuscitante il suo Cristo palpiti nel fremito delle mie mani! (Diario manoscritto, 10 ottobre 1939)” 7n[5].

Gli piaceva pensarsi sotto la croce, accanto a Maria come il discepolo prediletto, ad intercedere dal Figlio di Dio la linfa per sopravvivere in questo esilio e la luce per comprendere le grandi scelte che ogni giorno ci attendono[6].

Un’anima grande, sempre rapita e assorta nel mistero di Dio. Ma non un serioso osservatore del mondo dal tono distaccato e sprezzante. Si impegnava generosamente ogni giorno con la sua preghiera e il suo apostolato per l’avvento concreto del Regno di Dio nelle anime, novella incarnazione di Dio nella storia, in quella personale come in quella universale.

“Mi ha commosso soprattutto – aveva appuntato nel 1941 – la ricerca di Dio nella più umile delle preghiere, la preghiera vocale… il Rosario, i Pater, le Ave, ripetute qua e là durante la nostra giornata, le giaculatorie dette quasi a mezza bocca quando l’anima è stanca e affaticata, la Via Crucis, le formule delle preghiere preferite che si pronunziano quasi solo accennando le sillabe tanto sono note, le litanie della Vergine, le litanie dei Santi, i salmi della penitenza e della gioia, tutte parole sante con cui si chiede Dio, con cui si implora la sua vasta discesa nel nostro spirito, in cui l’anima si apre per essere invasa, si umilia, si atterra avanti a Dio per essere raccolta dalla sua misericordia. Piccole e umili preghiere delle nostre labbra stanche! […] Quando mancheranno le forze per ornare la casa interiore dell’anima e tutto sarà consumato, quando le labbra morenti appena potranno muoversi, voi umili sorelle minori della mia meditazione segreta, voi fiorirete ancora sulle mie labbra spente a cercare la misericordia di Gesù e la dolcezza di Maria”.

 Anima ostia, vittima con Cristo nel martirio quotidiano: “Intendo offrire intero tutto me stesso, vorrei interamente offrirmi a Lui nei triplici voti della vita religiosa, ma questo non mi è concesso; mi è concesso però di unire al voto di verginità una offerta più ampia, di rinunziare cioè fin da ora a qualunque godimento terreno e al desiderio di averlo, intendo cioè fin d’ora di rinunciare ai miei beni e, se non potrò rinunziarvi interamente, vivere distaccato da essi, come se non li possedessi; voto di ubbidienza a quanto il mio P. Spirituale e i superiori della Chiesa mi comanderanno e in ogni modo di rafforzare lo spirito di ubbidienza per essere pronto di rinunziare appena potrò alla mia volontà. Ecco l’offerta che oggi presento al mio dolce Redentore e, perché a Lui è più cara, la presento sotto il voto di verginità come aspirazione e caparra di purezza e di verginità che sono le virtù che Egli vuole nei suoi eletti perché così sono più simili alle creature del cielo, agli angeli suoi» (Diario, 21 giugno 1924).

 La stella luminosa accesa dal Servo di Dio nella divina costellazione non verrà mai meno, come pure quelle sempre nuove apostoliche conquiste per le quali consacrò la sua vita e la sua morte. Le sue altissime aspirazioni e i suoi alti ideali, unite ai suoi esempi di vita cristiana e sacerdotale, continuano a vivere ancora oggi nella vita e nelle attività della Congregazione della Familia Christi, ultimo frutto germinato dal cuore di Don Giuseppe, promanante da un suo ardentissimo desiderio. Del numero di quei chierici desiderava essere il primo. I membri della Congregazione intendono far rivivere l’esempio e l’ampiezza del cuore del loro fondatore nei palpiti di un cuore la cui vita di consacra a Dio “offrendo se stessi al Padre per mezzo di Cristo per la salvezza del mondo”, per tutto instaurare in Cristo portando a lui, innalzata, un’umanità redenta dal Sangue del Figlio di Dio. Essi si propongono di favorire quei fini che sono propri della Familia Christi, movimento nel quale essa nasce e per la quale si sviluppa, favorendo la crescita umana e spirituale dei suoi membri: giovani universitari, uomini e donne impegnati nel mondo del lavoro, intellettuali e liberi professionisti … le stesse categorie che furono oggetto della cura e dell’attenzione del loro fondatore, stella luminosa che risplende ormai nell’eterno giorno di Dio.

 Il Processo per la Beatificazione del nostro Servo di Dio, la cui causa prosegue presso gli uffici competenti della Congregazione per le Causa dei Santi, ha favorito la rinnovata pubblicazione dei suoi Scritti. È in corso la pubblicazione integrale del Diario manoscritto (redatto ininterrottamente dall’età di sedici anni fino alla morte) a cura di Mons. Florian Kolfhaus.

[1]    Cfr. In cruce oro et pugno. Dagli Scritti di Mons. Giuseppe Canovai, Tommasina Alfieri (ed.) p. 5 e ss.

[2]    Cfr. Sacerdozio, Messa, Breviario, Opera Familia Christi (ed.), Edizioni Centena Roma 1962.

[3]    Cfr. Suscipe Domine. Biografia e Diario di Mons. Giuseppe Canovai, Domenico Mondrone, s.j., Edizioni              “La Civiltà Cattolica”, Roma 1949.

[4]    Cfr. Don Giuseppe Canovai nei suoi scritti, Mons. Giacomo Loreti (ed.), Edizioni Centena, Roma 1963.

[5]    Cfr. Don Giuseppe Canovai nei suoi scritti, op. cit.

[6]    Cfr. L’avventura della santità sacerdotale. La vita del Servo di Dio Mons. Giuseppe Canovai, Casa Mariana Editrice,  Frigento 2014.