Il periodo giovanile

dal Diario di Mons. Giuseppe Canovai – Il periodo giovanile

7 dicembre 1919

Stamattina è la prima volta che mi vesto da uomo, sono uscito presto con papà per andare a fare la Comunione, ho pregato Iddio che ora che cresco mi assista vieppiù poi sono tornato a casa ho mangiato e sono andato con papà a una porcheria di conferenza che Caimmi ha tenuto a S. Lorenzo, poi sono andato dalle Sign. Dallari dove sono stato accolto molto cortesemente e ammirato. Stasera abbiamo dato un piccolo pranzetto alle Sig.ne De Angelis per celebrare i calzoni lunghi.

Stasera quando andavo a letto sentivo intorno a me come uno sconforto, un vuoto, anche questa giornata si combattuta, desiderata non desiderata, era finita, tutto finisce!


3 marzo 1920

Passo sul ponte di fronte al Palazzo di Giustizia, è l’ora del tramonto.

Scorre lento il Tevere sotto gli archi dell’antico ponte, i due borghi si presentano pittoreschi di fronte e in fondo alla scena, mentre eleva il suo su tutti i pigmeii che lo circondano quantum lentam solent inter viburna, sorge il mio Cuppolone.

Oh come è bello in quell’ora, in quella scena di pace e di tranquillità. E’ alto, nobile, bello, tranquillo, come quel vegliardo bianco, che nobile vecchio, tranquillo, veglia nel Vaticano festa di popoli liberi puro da tutto il male che lo circonda.


3 maggio 1920

Passato per via Condotti; il turbine della polvere che acceca, quel transito rumoroso di automobili, carrozze, tramvay, motociclette, biciclette mi assordava e stordiva, volsi lo sguardo indietro e giù in fondo in fondo sopra la cinta del Vaticano che si vedeva giù fino a Via Crescenzio un bel cielo roseo colorato da tutti i colori dell’iride dove ardeva beatamente in armonia meravigliosa.

O Roma tutto t’ha tolto questa generazione moderna priva d’arte e di gusto, tutto t’ha tolto: i bei carnevali antichi, la tua pace caratteristica, la tua tranquillità, le tue viuzze strette medievali, pittoresche ove viveva un popolo buono, spiritoso e allegro, tutto t’ha tolto e s’è gettata in mezzo alle tue rovine ha rotto, ha fracassato per aprire per allargare.

Tutto t’ha tolto di quel bello artistico tuo proprio e particolare, ma una cosa non t’ha potuto togliere, o Roma, il tuo cielo e i tuoi tramonti, essi sono sempre gli stessi, belli, grandi poetici, affascinanti romantica come sei te, Roma mia, grande città.


6 settembre 1920

Riguardo all’Eucarestia la Chiesa interpreta la parola di Cristo secondo: “Questo è il mio corpo”. Lutero: “Questo contiene il mio corpo”. Calvino: “questa è la figura del mio corpo”.

Non ho bisogno del magistero ecclesiastico e della fede per credere che la vera sia quella della Chiesa a me basta questo: che le seconde sono di preti spretati, viziosi, fondatori di un’eresia che lavora sempre di nascosto a danno della vera Chiesa, i quali non riuscirono mai a creare apostoli e martiri mentre la prima è l’interpretazione di un organismo secolare, sostenuta dalla testimonianza di dotti meravigliosi che spesso, oltre la loro sapienza, dettero a testimonianza delle loro dottrine anche la vita e il sangue.


11 settembre 1920

Che cosa è mai una vita senza Dio? Senza una Fede che ci mostri fissa una meta, “ascosa nel buio degli anni”, per il raggiungimento della quale lo spirito nostro sia spinto ad azioni nobili e generose? Che cosa è una vita ove sia spento il sereno fiore della speranza, che “rimena la stanca anima a Dio”?

Come mai si può vivere coricandosi la sera senza rivolgere un pensiero, una parola al Creatore, alzarsi la mattina senza ringraziare Dio di averci permesso di rivedere la luce meravigliosa del creato, il volto caro dei nostri genitori, parenti?

Una vita siffatta deve essere una vita misera insopportabile maledetta che intristisce l’animo, e affiacca l’organismo.