Tuus sum ego: don Giuseppe Canovai e l’appertenenza a Cristo nel sacerdozio

La morte prematura di Mons. Canovai suscitò un vivissimo rimpianto in quanti lo conobbero in Italia, in Argentina, in Cile. Dovunque era stato molti furono ad ammirare le sue rare virtù sacerdotali, la sua profondissima cultura, la sua vivissima parola. Tante sono le testimonianze che ce lo ricordano ancora oggi. Sulla sua tomba fu scritto: «Sacerdote a pochi paragonabile». E fu veramente tale. In questo brano di cui vi proponiamo la lettura, don Giuseppe Canovai affida al suo Diario i pensieri più intimi sul Sacerdozio e sul Sacro Ministero… Mons. Canovai, abituato a pregare anche con la penna, appuntava le sue meditazioni, il suo amore a Cristo ed al Sacerdozio scrivendo per sé: non scriveva per pubblicare.


sacerdote«Tuus sum ego» ripetuto al buon Dio quasi sottovoce, sapendo che non si è degni di dirlo; ripeterlo come il piccolo gorgoglio di una polla di acqua viva che sboccia sotterra; alimentarlo in noi come un piccolo tepore raccolto sotto la cenere; ridirlo al Signore «sono tuo», una cosa tua, tutta tua, solo tua, come il cuore di chi ci ama è tutto nostro, come la cosa è del suo padrone, come sono miei i miei pensieri e i miei desideri, come è mio ciò che vive e si agita entro di me, tuo Signore! E tuo invincibilmente, appartengo a te, nessuno mi può togliere dal tuo dominio penetrante e santificante! Gusto di intimità, di cuore a cuore con te, di contatto segreto e immediato, quando ti dico che sono tuo e mi sembra che tu ti impossessi di me e mi penetri e mi pervadi tutto.

Tuo nel mio soffrire che imprime in ogni fibra del mio essere la tua Croce: nessuna cosa mi dà tanto il senso e il gusto dell’appartenerti come il dolore! Tuo nel mio lavoro, di cui tu sei Signore, ché tutto è per il Tutto «omnia dona delecte mi servavi tibi!» Tuo nel mio desiderare e nel mio sperare ancora, ché Te voglio e desidero al fondo di ogni cosa e al termine di ogni speranza! tuo nella mia letizia che è gioia di offrirti, tuo nella mia tristezza che è amarezza di non sapermi consumare, tuo nella mia preghiera in cui ti cerco nutrimento e vita, tuo nel mio Breviario in cui tu prendi la mia piccola voce di creatura e la trasformi nella tua invocazione celeste, tuo nella predicazione della tua legge in cui scompaio nella tua parola, tuo all’Altare del tuo Sacrificio ove aspiro a scomparire nella tua Croce; tuo, di te, di te fanciullo, di te crocifisso. Di te Eucaristia; tutto tuo, come l’artista è della sua opera, immensamente più, di più ancora, come il padre è della creatura che ha generato, perché io ogni mattina suscito e creo quella tua presenza e quella è la mia vera opera e per quello solo esisto; oh dolce vivere per assicurare la tua presenza sulla terra tra i figli degli uomini, oh come è bello appartenerti così; tuo perché vivo per te, per donare a te la tua presenza sulla terra e poi questa donarla i fratelli.

Tuus sum ego: tuo è il mio dolore che mi fa partecipe della tua Croce, tua è la mia azione che mi fa partecipe della tua fecondità, tuo è il mio lavoro che mi dona le opere del Padre, tua è la mia speranza che mi solleva verso di Te, tuo è il mio passato, testimonio della tua misericordia, tuo è il mio avvenire che mi avvicina alla tua eternità.

Tutta la vita cristiana, e la vita apostolica soprattutto, è un rendere testimonianza a Cristo e alla verità del Cristo. L’idea della testimonianza invade e assorbe in questi giorni tutta la mia vita interiore: vivere per modo di potere ad ogni momento testimoniare di Cristo; che ogni frammento del nostro tempo, come i frammenti del pane moltiplicato nel miracolo, possa essere testimonio della sua onnipotenza e della sua misericordia. I frammenti del pane testimoniarono della onnipotenza che aveva compiuto il miracolo e della soave misericordia che lo aveva ispirato! Questo pure deve testimoniare la nostra vita nella pace, nella bontà, nella serenità di ogni istante, nella continua unione con Dio, nella incessante donazione della carità: deve rendere testimonianza alla Onnipotenza di Dio che ha compiuto il miracolo e compie continuamente il miracolo di farci vivere così; alla Misericordia di Dio che ci dona nella fiducia in Lui una pace inammissibile. Allora si diffonderà pure in ogni istante della nostra vita la pace e la gioia del martirio: la gioia liberatrice del martire: il martirio è la suprema liberazione, il supremo avverarsi della parola di Gesù «Veritas liberabit vos», chè ciò che libera è l’atto libero con cui l’anima si dona e donandosi si fa superiore ai beni caduchi e respira l’aria dell’eternità: la donazione reale e spontanea della vita è il supremo uso della libertà come strumento di libero sacrificio e di offerta, è quindi l’atto supremamente liberatore: è l’atto unificante del supremo possesso, perché è; il più perfettamente, ritrovamento di sé: chi dà la sua vita la troverà. Quanto più sappiamo mettere nella nostra vita di testimonianza a Cristo, cioè di verace martirio, tanto più troveremo la pacificante gioia del martire.


Mons. G. LORETI (a cura di), Sacerdozio Messa Breviario, Edizioni Centena, Roma 1962;